Quando sono entrato c’era già il vapore che appannava gli specchi.
Ora, si potrebbe obiettare che è strano — allora vivevo da solo, già — rientrare a casa dopo un pomeriggio qualsiasi e trovare qualcuno sotto la doccia. Verissimo, ne convengo. Eppure, non solo non mi sono spaventato, ma l’ho trovato assolutamente normale. Sono entrato in casa, ho salutato la gatta, e ho sentito lo scroscio dell’acqua in bagno.
Era come se lei fosse sempre stata lì.
Ricordo di essere entrato in bagno e di aver tentato di guardarmi allo specchio. C’era troppo vapore.
“Ciao”, mi ha detto lei da sotto la doccia.
“Ciao”, le ho risposto.
“Forse è il caso che la smetti di guardare la tua immagine riflessa e vieni qui dentro con me, non credi?”
Sono rimasto perplesso. No, non per quello che mi aveva detto, ma perché mi sono spogliato senza esitare e ho scostato la tendina della doccia. E’ questo che mi ha sorpreso. La mia assenza di paura, la confidenza assoluta che la sua voce mi aveva ispirato.
Prima ancora di avere il tempo di rifletterci, mi sono tolto i vestiti e l’ho raggiunta sotto il vapore.
Lei mi ha sorriso.
“Sono Irene”, mi ha detto, e poi ha rovesciato la testa all’indietro per godersi l’acqua calda sui lunghi capelli castani.
“Io Stefano”, ho risposto.
Lei ha tolto la testa da sotto l’acqua e mi ha guardato con quello sguardo furbo e meraviglioso che ormai conosco così bene. “Certo”, mi ha detto, e dal suo tono sembrava quasi che mi stesse prendendo in giro.
Ma bene, però.
Senza cattiveria.
Ho allungato timidamente una mano verso di lei.
Lei ha scostato una ciocca di capelli per farsi accarezzare meglio.
Le mie dita le hanno disegnato una guancia, e poi si sono soffermate sul mento. Irene ha un mento bellissimo, di una forma che sembra incastrarsi alla perfezione con i miei desideri, e quella curva deliziosa poi rientra leggermente prima di spingersi di nuovo verso l’esterno in un labbro inferiore che sembra fatto apposta per baciare me.
E infatti ci siamo baciati.
Sotto il getto dell’acqua calda le nostre bocche si sono unite e si sono riconosciute. Ho sentito la sua lingua giocare con la mia come se non avesse mai smesso di farlo.
Quando abbiamo smesso di baciarci fuori era già buio.
Irene ha allargato le braccia.
Mi ci sono lasciato andare dentro, l’ho stretta a me, con l’acqua che scorreva a separarci in un sottile strato trasparente.
E ho sussurrato una cosa che potrebbe sembrare ancora più strana, vista la situazione.
“Mi sei mancata”, ho detto a quella ragazza splendida che non avevo mai visto prima.
Lei non ha risposto con altre parole, ma con un sospiro dolcissimo che mi ha fatto rabbrividire il cuore.
“Senti il mio cuore”, le ho detto, prendendole una mano e appoggiandomela sul petto.
Irene ha sorriso, stupita come un bambina. “Batte fortissimo!” ha esclamato con allegria.
“Sì.”
Ci siamo baciati ancora, ed è arrivata l’alba.
Poi le ho insaponato il corpo, accarezzando delicatamente ogni centimetro della sua pelle, dalla fronte fino alle dita dei piedi, e per farlo ci ho messo giorni.
“Mi piace quello che fai, Stefano”, mi ha detto lei.
Poi le ho lavato i capelli, e fuori la luce e il buio continuavano a rincorrersi, come se il mondo fuori da quella nostra capsula di vapore profumato avesse accelerato improvvisamente, lasciandoci indietro.
“Risciacquali, ora”, mi ha chiesto Irene dopo un paio di settimane. Io le ho obbedito subito, facendole scivolare l’acqua tra i capelli per lavare via la schiuma.
E poi glieli ho massaggiati ancora.
Mentre lo facevo, una sua mano è scesa a toccarmi e mi ha guidato dentro di lei.
Con un sorriso, Irene si è appoggiata alle piastrelle della doccia e abbiamo fatto l’amore.
“Sei mio”, mi ha detto dopo sei o sette settimane.
Niente di più vero, e lei lo sa.
Lo sa lei, lo so io.
Sono suo.
Può fare di me ciò che vuole, e la cosa più bella è che Irene vuole solo farmi bene.
“Ti amo”, le ho detto quando abbiamo finito di fare l’amore e abbiamo ricominciato a baciarci.
Il tempo gocciola, l’acqua calda ci scivola addosso, e noi due stiamo sempre meglio, Irene e io, sospesi eppure reali, estraniati eppure presenti, dietro la tendina della doccia.
Il vapore è dappertutto, ma non ci impedisce di vedere.
A un certo punto, non saprei dire quando, mi sono accorto che le mie braccia e le mie gambe erano più sottili. Mi sono guardato le dita e mi sono reso conto che stavano diventando trasparenti.
“Tienimi con te per sempre”, mi ha detto Irene quando ha visto cosa stavo guardando.
Mi sono rituffato dentro di lei, e intanto, mentre la sentivo avvolgersi intorno a me, vedevo la mia carne farsi sempre più diafana, inconsistente.
Poi ho smesso di esserci.
Sono sempre con lei, ma ho perso i miei confini. Sono dentro di lei, e lei è dentro di me, e — forse sarà il vapore, ma non riesco più a distinguermi.
Le scorro addosso, mescolandomi all’acqua. Scivolo sul suo corpo, le entro nella bocca e nelle narici, le allargo i pori, mi insinuo tra i suoi capelli.
Poi mi ritrovo a vorticare e a scorrere intorno ai suoi piedi, ma al tempo stesso sono anche la goccia che le scintilla sulle labbra.
“Irene”, dico ogni tanto, ma la mia voce si confonde con lo scroscio che la accarezza.
Non sono per niente preoccupato, anzi.
So che lei non smetterà mai di vedermi.
E poi, un giorno di qualche tempo fa, appoggiata alle piastrelle, con le mani intorno al mio collo e le labbra protese verso le mie, sorridendo mi ha detto: “Se ti sciogli, Stefano, ti userò per lavarmi e non ti butterò mai via. Te lo prometto.”
E io le credo.
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Davvero molto bello! Emozionante. Grandissimo.
Ti ringrazio. Ho voluto rendere omaggio al giorno di San Valentino… non l’ho mai festeggiato, ma una ricorrenza che celebra l’amore non è poi così male, non trovi? 🙂
Emozionante! Bravissimo!
Grazie… volevo rendere l’atmosfera di San Valentino, ma poi il racconto ha preso un’altra strada… Ne pubblicherò altri.
A giudicare dai tuoi racconti che ho letto finora sul sito, mi sa che sei un pochino “fetish”… o sbaglio? 😉
Direi che no, non ti sbagli affatto… 🙂